Se si cerca l’infinito, basta chiudere gli occhi
Solo show
MEF Museum Turin
28 Sept – 17 Dec. 2023
Alessandro Roma ha attivato un meccanismo compositivo ed estetico scevro da legami temporali. Le sue opere fluttuano in una dimensione in cui le date di realizzazione non sono di capitale importanza e appaiono sempre in bilico tra scultura, pittura e design, ammiccando a possibilita di molteplici appartenenze. Eppure, la loro collocazione può esistere solo nell’abito scultoreo e pittorico in quanto il loro utilizzo, nella quotidianità, risulterebbe impossibile.
Altrettante le esperienze e le estetiche a cui attinge senza però “saldarsi” a nessuna, trovando una collocazione autonoma nella storia dell’arte contemporanea. Soprattutto le ceramiche trovano un loro spazio preciso nel vastissimo panorama attuale dove è fra i pochi a determinare una propria estetica autonoma e riconoscibile. I suoi “vasi, soprattutto, si presentano ambiguamente e formalmente come oggetti destinati a un utilizzo domestico per poi risultare impossibili a ospitare altre forme viventi in quanto già stracolmi di vita interna. Questa sorta di ventre dell’oggetto, offerto allo sguardo dello spettatore risulta come un “antro” in cui gli organi pulsanti della vita appaiono in tutta la loro fulgida vitalità. Rami e foglie si intrecciano ad altre forme dai colori smaglianti e l’armonia dell’opera fa da eco a quella della natura vera.
Alessandro Roma has activated a compositional and aesthetic mechanism free of temporal ties. His works float in a dimension in which dates of creation are not of paramount importance and always appear poised between sculpture, painting and design, winking at possibilities of multiple affiliations. Yet, their place can only exist in the sculptural and pictorial garb since their use, in the everyday, would be impossible.
Just as many experiences and aesthetics it draws on without, however, “welding” to any, finding an autonomous place in contemporary art history. Above all, his ceramics find their own precise space in the vast current panorama where he is among the few to determine his own autonomous and recognizable aesthetic. His “vases, above all, are ambiguously and formally presented as objects intended for domestic use only to prove impossible to accommodate other living forms as they are already overflowing with internal life. This sort of underbelly of the object, offered to the viewer’s gaze turns out to be a “cavern” in which the pulsating organs of life appear in all their radiant vitality. Branches and leaves intertwine with other brightly colored forms, and the harmony of the work echoes that of real nature.
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