Il Museo Civico Medievale di Bologna, presenta Vestirsi paesaggio, mostra
personale di Alessandro Roma.
Vissuto a Milano, Londra e Bruxelles, Alessandro Roma ha scelto da qualche anno Faenza come sua dimora d’elezione; una stanchezza “esistenziale” – confessa egli stesso in un’intervista a Lorenzo Balbi – lo ha portato a preferire la provincia italiana ai grandi centri, creduti a torto i luoghi privilegiati dello sviluppo e dell’esercizio dei saperi più avanzati. Lo affascina lo spazio di libertà offerto dalla ‘periferia’ rispetto alle forme dominanti che si affermano nelle grandi città, tanto più se le possibilità che si aprono consentono un confronto con una tradizione secolare di abilità tecniche acquisite nell’esercizio assiduo del ‘fare’ artistico.
L’arte della ceramica gli risulta, in effetti, molto congeniale, come emerge dalle opere esposte in mostra, che ha chiamato Mask: sculture posizionate su piedistalli in ferro, per forma simili a vasi/fioriere,che tuttavia una rigenerante e istintiva energia metamorfica, o un inatteso sortilegio straniante, va trasformando in maschere.
Insieme a due abiti in tessuto dipinto a tempera, associato sempre a ceramica smaltata – Dressing landscape, in questo caso, il nome scelto dall’artista –, richiamano le forme della natura e sono state pensate “come presenze che possano abitare il museo” (A. Roma).
La mostra personale ha ha dunque orientato la ricerca di Alessandro Roma verso un dialogo con gli oggetti d’arte delle collezioni museali, seguendo tuttavia linee
di sperimentazione che appartengono ai suoi percorsi consueti: il “rapporto con l’artigianalità artistica”, la “fascinazione per le tecniche compositive”, lo “studio
e il recupero di materiali e manualità che si vanno a perdere nella contemporaneità ipertecnologica e sempre più determinata dalle intelligenze artifi ciali”, la “perdita di saperi manuali” (Lorenzo Balbi).
Il titolo dell’esposizione, Vestirsi paesaggio, efficacemente sintetizza il focus principale che ne ha sostenuto le ragioni: rifl ettere sull’interazione con il mondo circostante, inteso sia come ambiente vitale e soggettivo in cui l’individuo trova il proprio modo di essere – habitat rinvia ambiguamente alla parola abito –, sia come dimensione “collettiva e universale” di paesaggio (L. Balbi).